domenica 6 aprile 2014

Correre oltre le barriere

Ancora una volta la corsa ha dimostrato tutte la sua carica solidale, tutta la sua capacità di andare oltre le differenze e di abbattere le barriere sociali; quelle barriere fisicamente rappresentate dalle mura di un carcere.

Oggi, grazie alla Vivicittà Rebibbia, quelle mura sono sembrate decisamente più basse e comunque più permeabili alla "contaminazione" esterna.

Più di 100 podisti hanno oggi varcato i cancelli del Nuovo Complesso Penitenziario di Rebibbia, e si sono confrontanti con altrettanti podisti "interni" su un circuito che si è sostanzialmente consumato sull'intero perimetro del complesso. Due le prove previste, una non competitiva di 4 km e una competitiva di 12 km. L'organizzazione è quella collaudata della UISP ROMA che riesce a sopperire alle difficoltà oggettive di una realtà condizionata delle misure di sicurezza tipiche di un carcere. 

L'impegno del team guidato da Gianluca Di Girolami, supportato "internamente" dal podista "orange" Giovanni Marano, riesce a creare le condizioni giuste per una corsa che, pur avendo motivazioni di carattere solidale, si dimostra soddisfacente anche sul piano tecnico. Anche le "novità", come il fatto di disputarla di domenica mattina e il nuovo percorso interamente in asfalto, si sono rilevate scelte azzeccate e quindi da conservare per il futuro.


All'inizio le comunità dei podisti venuti dall'esterno e quella dei detenuti faticano un po' ad integrarsi, ma con il passare del tempo e soprattutto con l'inizio della corsa vera e propria si è crea il giusto clima di condivisione. Davanti a tutti sfrecciano gli atleti delle Fiamme Azzurre, ma dietro di loro sono tanti gli episodi che sanciscono questo legame: nella maggior parte dei casi sono gli atleti venuti da fuori a fornire sostegno agli atleti interni, oggi in divisa viola, ma in alcuni casi succede anche il contrario.

Scene bellissime che avvengono sotto lo sguardo vigile ma sereno delle guardie penitenziarie che osservano la situazione dall'alto, ma anche scene che vengono sottolineate dalle espressioni "goliardiche" dei detenuti a cui non è stato permesso di partecipare e che seguono la prova dalle loro celle o dai cortili interni.

Si corre fianco a fiano, e la ricerca di una condivisione umana tende a prevalere sull'aspetto meramente competitivo. Anche gli arrivi avvengono spesso "mano nella mano" e appena superato il traguardo si sprecano i gesti di incoraggiamento e i commenti "a caldo" alle varie prove, cercando il piacere di una normalità, in una realtà che di normale ha veramente poco.

Sono contento che in questa situazione, la mia società, la Podistica Solidarietà, si sia confermata come la prima squadra in termini di partecipazione, e che questa partecipazione sia stata caratterizzata dalla presenza di molti orange che sono entrati recentemente nel nostro sodalizio. Questo sta a significare che la crescita di questo gruppo non ne intacca la sua natura, caratterizzata dalla ricerca continua di questo abbinamento tra podismo e solidarietà.

Sono anche contento che la Tibur Eco Trail abbia preso parte per la prima volta a questa iniziativa. La Tibur è una squadra con cui ho il piacere di condividere alcune iniziative di carattere solidale e oggi possiamo dire di aver condiviso un'altra esperienza importante. Perché la Vivicittà Rebibbia non è solo una corsa, ma è soprattutto un'esperienza di crescita personale e collettiva.

Dal punto di vista personale, il senso di questa giornata si può racchiudere in quell'abbraccio finale scambiato con un ragazzo rumeno che avevo sostenuto in una delle sue fasi di maggiore crisi. L'intensità e la sincerità di quell'abbraccio mi hanno confermato come a volte nella lunga strada della vita, ai tanti bivi che essa ci propone, si possa anche prendere la direzione sbagliata, ma che questo fatto non deve mai farci perdere la speranza che i valori umani siano comunque destinati a trionfare.

Nessun commento:

Posta un commento