domenica 31 gennaio 2016

Miguel: arieccoci...

Oggi, dopo un periodo di "disimpegno" sono tornato in una gara di 10 chilometri (più o meno) con La Corsa di Miguel, la gara che mi vide all'esordio podistico nel lontano gennaio del 2011. Si trattava quindi per me della 6a edizione. 

Un percorso che ha visto prima una lenta evoluzione e poi una rapida, direi una rapidissima involuzione, tanto che oggi mi sono espresso all'incirca ai livelli della prima edizione. Del resto la corsa è uno sport che non perdona e per soggetti come me, con fisici "poco naturalmente atletici", la corsa può diventare una spietata vendicatrice: "Non ti sei allenato? Hai mangiato troppo? [...] Allora soffri!!!". E questa non è una metafora del podismo, è una storia straordinariamente reale, perché oggi quelle voci io le ho sentite ripetere nelle mie orecchie per tutti i 9.300 metri del tracciato. A peggiorare la situazione ci si è poi messa una leggera indisposizione che mi ha colpito durante la settimana, tanto che ieri sera ero "quasi" convinto di dare forfait. Poi la voglia di partecipare a questa meravigliosa festa di sport ha prevalso e mi sono regolarmente presentato "ai blocchi di partenza".

Torno sulla definizione di "meravigliosa festa di sport". Non me vogliano i "top runner" oppure i patiti dei tempi cronometrici e dei percorsi lisci e lineari, che nelle prossime settimane agiteranno la loro "vis polemica" nei confronti degli organizzatori. Io rispetto chiunque, ma nella corsa ognuno porta le sue motivazioni, e io quando corro La Miguel mi sento protagonista di una grande festa popolare più che un runner da competizione, Vedere tutta quella gente che corre intorno a me, vedermi superato da atleti che accompagnano un disabile in carrozzina, correre per lunghi tratti con le maglie arancioni del "Progetto Filippide", vedere e soprattutto sentire i gruppi musicali che suonano ai bordi delle strade, osservare Roma nella sua accezione più bella e solidale, ricordare un runner vittima degli eccidi commessi da una feroce dittatura, tutto questo mi ripaga abbondantemente dallo sforzo profuso e mi fa sentire felice e orgoglioso di esserci. Questo elenco potrebbe essere ancora più lungo, basterebbe citare l'importanza dell'amicizia e quindi del piacere di condividere il pregara e il postgara con tante bellissime persone, un vero toccasana per lo spirito e per l'umore. E poi il fascino dell'arrivo dentro lo stadio Olimpico, un'emozione riservata a pochi. 

Nel mio caso l'unica nota stonata di questo "splendido concerto" è stata quell'immagine terribile del palazzo crollato al quartiere Flaminio, un'immagine che incombeva in modo inquietante sul clima di festa. Un'immagine surreale che richiamava alla mente episodi tragici della storia dell'umanità e che sembrava quasi un monito nei confronti della "stupidità umana". 

Archiviamo anche questa Miguel e vediamo se questo "ritorno alle origini" possa rappresentare un "nuovo inizio", da cui ripartire, con rinnovate motivazioni.