mercoledì 18 novembre 2015

una festa...nonostante tutto

Tutto era iniziato nel migliore dei modi, con la tradizionale preparazione del percorso insieme all'amico Carmine, il vero deus ex machina della Maratonina di S.Alberto Magno, giunta alla 31a edizione. 

Le previsioni della vigilia sono incoraggianti, le preiscrizioni continuano a crescere e il telefono di Carmine continua a "bippare". Ad ogni bip corrisponde un nuovo SMS, che si traduce in una nuova adesione. La parte del leone tocca sempre alla Podistica Solidarietà, e anche su questo fronte si prevede una partecipazione da record, con oltre 75 podisti solidali che hanno deciso di colorare di arancione il parco delle Sabine. Del resto quando c'è una finalità solidale, la Podistica Solidarietà c'è sempre.
Tra me e Carmine si sviluppano le solite discussioni sui cartelli da affiggere, sulla posizione delle frecce, delle fettucce e dei "sottovasi", discussioni che si ripetono ogni anno e che ormai fanno parte della tradizione. Del resto un po' di scaramanzia non guasta e tutto assume il senso di un rito portafortuna. 
Tutto sembra procedere per il meglio, almeno fino a venerdì sera. Sto per andare a letto, un po' prima del solito, perché il sabato ci sarà da "correre", dalle prime ore del mattino. Come ogni sera, prima di coricarmi, do una sbirciata alle ultime notizie e lì succede l'inimmaginabile. La televisione trasmette immagini di morte, terribili. Le notizie si accavallano una dopo l'altra e mi lasciano interdetto: 20 morti, 30, 40, e così via in un escalation senza fine. Non riesco a spegnere, rimango incollato alla TV fino alle 4 del mattino. 

Vado a dormire pensando a quella immane tragedia, e quel senso di attesa che mi pervade ogni volta prima di questa maratonina sembra ormai definitivamente compromesso. La mattina rifletto sul da farsi e sono sempre più costernato. Ma poi ho un moto di rabbia, penso che l'obiettivo dei terroristi è proprio quello di cambiarci, di trasformarci in quello che non siamo, di intristirci, di farci perdere la voglia di vivere e di godere delle cose semplici, di stare insieme, di distruggere la nostra socialità.

Vogliono farci essere "il contrario" di quello che siamo. Ecco, il contrario. Ho deciso, correrò con la canotta al contrario. No, non riusciranno a cambiarci. 

Arrivo al luogo del ritrovo e mi lascio coinvolgere dal fervore dei volontari che curano ogni aspetto dell'organizzazione. La maggior parte di loro sono giovanissimi e riescono a trasmettermi tutto il loro entusiasmo e la loro voglia di vivere. Sono nuovamente pronto.
  
Dopo un fugace pranzo torno sul luogo del misfatto, attraversando a piedi il parco, per vedere che tutto sia a posto, che le fettucce e i cartelli siano ancora là dove devono essere. Arrivo sul luogo del ritrovo che sono appena le 14.00, ma l'invasione orange è già cominciata. Intorno a Raffaele, che si è fatto carico della distribuzione dei pettorali anche se non può correre, c'è già il pienone.  



Da quel momento in poi è un susseguirsi di emozioni che rimarranno a lungo dentro di me. Negli occhi di tutti leggo lo sbigottimento e la preoccupazione per gli eventi accaduti il giorno prima, ma anche la voglia di non rassegnarsi alla paura. Questa corsa sarà una festa, una festa nonostante tutto. Il minuto di silenzio sembra infinito, ma la voglia di correre, di assaporare quel senso di libertà che solo la corsa può regalare, supera tutto: una sorta di rivincita della vita sulla morte.