domenica 13 febbraio 2011

Alzati e Corri - Corriamo al Collatino

Alzati e Corri
dal divano alla Maratona in 365 giorni
Capitolo Corriamo al Collatino
   
Erano passate appena due settimane dalla Corsa di Miguel, quella che in teoria sarebbe dovuta essere la mia prima e unica corsa, ed ero nuovamente pronto ad affrontare una gara di 10 km. Non era solamente "la corsa", nella sua accezione più generale, ad essersi impossesata di me, ma anche quel clima agonistico che avevo respirato per la prima volta proprio alla Corsa di Miguel. 
  
Nella mia vita avevo mai praticato uno sport individuale a livello agonistico, e le sensazioni che avevo provato alla Corsa di Miguel erano risultate completamente nuove, una sorta di scoperta, e ora avevo voglia di provarle ancora. 
  
La sveglia suonò molto presto quella domenica, un'esperienza che da quel momento avrei vissuto sempre più spesso. 
  
Appena arrivato sul luogo del misfatto, ebbi la sensazione che nell'aria ci fosse qualcosa di diverso rispetto alla precedente esperienza: avevo vissuto la Corsa di Miguel come un grande evento sportivo, e ora percepivo la Corriamo al Collatino come una "corsa competitiva". Una differenza non semplice da spiegare a chi non corre, ma che forse i runner più esperti potranno arrivare ad apprezzare. Alla Corsa di Miguel avevo visto tanti runner come me, nei cui occhi potevo leggere la mia stessa preoccupazione e anche un certo disorientamento; alla Corriamo al Collatino, guardandomi intorno, mi ero sentito "un alieno". Negli occhi degli altri runner c'era una tensione diversa, tutta orientata alla prestazione.  
  
Mi avvicinai al gazebo della Podistica Solidarietà con un certo timore, aspettandomi quasi che qualcuno mi facesse notare la mia inadeguatezza a quel tipo di corsa, ma questo chiaramente non accadde. Anzi, furono in tanti a complimentarsi con me per l'esito della mia prima gara e ad incoraggiarmi per questo mio nuovo impegno. Il resoconto della mia corsa, pubblicato sul sito della società, mi aveva reso in qualche modo "famoso" all'interno del team.
  
Nella lunga attesa prima della partenza mi ritrovai ad ascoltare i tanti discorsi che provenivano dai miei compagni di squadra, la maggior parte dei quali avevano come centro di interesse la prossima Roma-Ostia. Riuscì a percepire la "particolarità di questa gara", in grado di "illuminare" lo sguardo di tante persone. Bastava che uno pronunciasse il termine Roma-Ostia per monopolizzare l'attenzione dei suoi interlocutori. Vedevo la fiamma della passione brillare negli occhi di tutti, sia di quelli che si preparavano ad affrontarla sia in coloro che per varie ragioni si vedevano costretti a rinunciare.
  
Mi diressi verso l'arco di partenza decisamente incuriosito da questa Roma-Ostia, di cui non sapevo molto, e mi riproposi di approfondire l'argomento una volta rientrato a casa
  
Il colpo dello starter mi soprese ancora assorto nei miei pensieri...era venuto il momento di correre. Mi lasciai trasportare dal clima agonistico di quella gara e forzai decisamente il ritmo. Nei primi 5 km mi ritrovai costantemente "in attacco", raggiungendo e superando molti atleti che mi avevano preceduto in partenza. La Corsa di Miguel mi aveva dato una certa sicurezza e in quel momento ne stavo decisamente abusando. Mi avevano parlato di una gara semplice, e la prima metà del percorso aveva confermato questa indicazione, essendo caratterizzata soprattutto da una leggera ma continua discesa. Negli anni avrei imparato che in una gara ad anello, il dislivello negativo, si compensa con il dislivello positivo e che quindi, se i primi chilometri sono prevalentemente in discesa, i successivi saranno prevalentemente in salita.
  
Me ne accorsi al 7' chilometro. In quel momento avevo preso come riferimento un gruppetto di 3 runner che andavano a un ritmo più lento del mio: mi avvicinavo progressivamente a loro e stavo già pregustando il nuovo sorpasso, quando la strada si impennò improvvisamente. Vidi immediatamente il gruppetto allontanarsi da me e mi resi conto che la mia velocità stava "crollando". Da quel momento la mia corsa si sarebbe trasformata in un autentico calvario. Tanti di  quelli che avevo superato nella prima metà del percorso, mi ripresero e superarono con una certa disinvoltura, aumentando il mio senso di sconforto. 
  
Nonostante la grande sofferenza di quel finale, riuscì a trascinarmi fino al traguardo, scoprendo con sorpresa di aver migliorato il tempo della Miguel e di essere riuscito a completare il percorso scendendo sotto la fatidica soglia dell'ora: 57 minuti e 50' secondi, per la precisione. Al senso di depressione provato a partire dal 7' chilometro, quando erano cominciate le salite più dure e il mio fisico aveva "ceduto",  si sostituì immediatamente un sentimento di chiara euforia dovuto a quel risultato inaspettato. 
  
Tornai al gazebo della Podistica Solidarietà camminando "a un palmo da terra" e soprattutto pronto per essere catturato e proiettato all'interno di quel vortice emozionale generato dalla Roma-Ostia.
     
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