domenica 12 aprile 2015

Vivicittà Rebibbia: la corsa come "educazione" alla vita

Ancora una volta la corsa torna dentro il complesso penitenziario di Rebibbia e ancora una volta, per alcune ore, sono "crollate" quelle barriere sociali che dividono il mondo "di fuori" dal mondo "di dentro", simbolicamente rappresentate da quelle alte mura che circondano il carcere, e che sono state lo scenario dominante di questo percorso.
 
I detenuti e gli atleti si sono incontrati ancora una volta parlando quel linguaggio universale che è rappresentato dallo sport e in modo particolare dalla corsa. In questo senso mi è rimasta impressa nella mente la frase di Fabio, il quale mi ha detto: "fra una settimana esco, ma oggi non potevo proprio mancare".
 
Si parla, si corre, si suda, e si soffre tutti insieme, e soprattutto ci si sostiene uno con l'altro senza preoccuparsi troppo di chi sia l'altro. E i grandi sorrisi che fanno da contorno a questo evento sono la dimostrazione che la corsa rende tutto possibile, e se ce ne fosse bisogno rafforza ancora una volta il binomio corsa-solidarietà.
 
Oggi, nei momenti di maggiore sofferenza, quando sentivo le mie risorse venire meno, osservavo questi ragazzi che si ostinavano a mantenere il loro ritmo nonostante una condizione spesso precaria. Li vedevo lottare contro la voglia di mollare che sicuramente in quegli attimi dominava le loro menti. Ho visto ragazzi iscritti alla 4 km continuare a spingere le loro gambe, un giro dopo l'altro, fino a completare la distanza dei 12.
 
In quegli attimi ho realizzato in pieno il ruolo educativo della corsa. Una sorta di educazione alla vita. Già perché la vita ci propone grandi difficoltà e non sempre sentiamo di avere le energie per affrontarle e superarle, mantenendoci coerenti con i nostri valori. La voglia di dire "basta" oppure di "tagliare il percorso" e imboccare una pericolosa scorciatoia, sono tentazioni continue. Ed è in quei momenti che bisogna trovare la voglia di reagire e di fare ricorso a tutte le nostre energie, scoprendo spesso capacità insospettate.
 
E' il momento di fare ricorso alla RESILIENZA, quella qualità che ci consente di reagire positivamente a ogni situazione difficile. Questo è il migliore insegnamento che ci può arrivare dalla corsa e che può aiutare quelle persone che oggi si trovano nella condizione di detenuti a ricostruire la loro vita e puntare a un riscatto sociale.
 
E la presenza di Alex Schwazer in questo contesto è stata simbolicamente molto efficace. E' stato commovente vedere i detenuti fare la fila per incoraggiare il ragazzo a reagire, a ricostruire la sua vita, a tornare ad essere un campione sportivo, e magari un simbolo dello "sport pulito". E l'espressione più usata per esternare questo incoraggiamento era proprio "non mollare", un'espressione che racchiude in sé questo insegnamento.
 
Ancora una volta la manifestazione organizzata dalla UISP è stata per me un motivo di grande crescita, non certo dal punto di vista agonistico, ma dal punto di vista umano. E ancora una volta sono stato molto contento di aver condiviso questo insegnamento con tanti compagni di squadra, quella squadra che ha fatto del rapporto tra podismo e solidarietà la sua stessa ragione di esistenza. Chiudo con un pensiero grato per Giovanni Marano, che tutti gli anni si danna l'anima per rendere possibile questo meraviglioso evento. 

Nessun commento:

Posta un commento