domenica 1 agosto 2010

Alzati e Corri - Il divano

Alzati e Corri
dal divano alla Maratona in 365 giorni
Capitolo - Il divano
   
Ho scoperto la corsa alla “tenera età" di 46 anni dopo aver attraversato un periodo molto delicato della mia vita, un periodo particolarmente stressante che aveva messo in discussione molte delle mie certezze e mi aveva costretto ad abbandonare ogni area di conforto in cui avevo precedentemente vissuto.
   
Avevo nonostante tutto reagito bene, ma a pagare questa situazione di stress era stato il mio fisico che aveva raggiunto livelli record di “rotondità”.  Non riuscivo più a controllare la mia alimentazione e andavo soggetto ad attacchi di bulimia che si scatenavano nelle ore notturne.
   
La sera “crollavo” letteralmente sul divano, che era diventato il mio più caro compagno di vita, l’unico luogo dove riuscivo a sentirmi veramente a mio agio, mettendo da parte i pensieri negativi e le paure che caratterizzavano la mia “nuova” quotidianità.
  
In quel periodo la mia principale attività fisica era costituita dai passaggi repentini dal divano al frigorifero, e dal frigorifero al divano: senza alcun dubbio, uno “sport” dove le calorie in entrata superavano di gran lunga quelle in uscita.
 
Non riuscivo a uscire da questo circuito vizioso, anche perché avevo una dotazione di alibi che compensavano i miei continui “sensi di colpa”, soprattutto relativamente all'assenza di una minima attività fisica. Il principale tra gli alibi che si adottano in queste situazioni è “non ho tempo” per poi rafforzarlo con un “sono troppo stanco”. 
 
Durante il soggiorno estivo nel mio paese di origine, Raggiolo, mi ero imposto delle lunghe passeggiate mattutine, stimolato in questo impegno dalla compagnia di familiari e amici. Tutte le mattine un’allegra brigata lasciava il paese per “avventurarsi” nei sentieri boschivi che lo circondano. Questo momento di “rinnovata” energia mi aveva fatto ben sperare, e una volta tornato a Roma, avevo tentato di dare continuità a questo atteggiamento positivo.
   
La “determinazione” ritrovata aveva lentamente lasciato il passo alla solita pigrizia e dopo un mese ero ritornato al punto di partenza. Forse non del tutto, perché in fondo, ma molto in fondo, qualcosa si stava agitando. Non potevo trattare in quel modo il mio fisico, accettare quello stato di malessere che stava diventando abituale, e dovevo anche considerare che sulla mia testa pendeva un’inquietante storia familiare.
  
Non mi riferisco a nulla di scabroso ma alla storia cardiologica della mia famiglia paterna che aumentava notevolmente i fattori di rischio per la mia salute. E sorvolo su tutti quei parametri che renderebbero particolarmente noiosa questa “narrazione”, quelle cose che rispondono a nomi tipo colesterolemia, ipertensione, glicemia, anche perché riuscivo a controllare questi parametri con un approccio molto astuto, evitando di farmi controllare da chicchessia.
   
Insomma, una reazione era necessaria e nel mio io profondo, ma molto profondo, qualcosa stava fermentando: serviva un elemento catalizzante in grado di trasformare questo fermento in qualcosa di solido e duraturo.
      
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